










Pacato il racconto di un sogno lontano. Ero un uccello. Mangiai quel giorno. Mangiai il giorno dopo, e quello dopo ancora. Le mie ali si saziarono. Volai come stella, piccola stella, al soffio della brezza. E’ cenere della mia innocenza, ogni negazione ribadita senza sosta. Non riesco a spiegare, cosa s’illumina in me. Polvere di un quadro, nel suo essere in sé. Ataviche le ansie espressive, momentaneamente placate dalla vanità della luce occidentale. L’intimità del disagio si perde nel quieto habitat della coscienza. E’ la legge cosmica della musica a regolare l’esistenza. Nessun battito d’ali a mutare questa storia. Amore, senza giudizio, materia gracile di un ventre di piombo. Vita, emersa da me stessa. Il tempo mi ha dato la libertà di scegliere, guardando lontano, dietro l’orizzonte del sole. Nel cuore di donna ho cucito la terra al cielo. Per una figlia, una sola, come me. Testi di Adriana Maria Quaglia